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all’opposto alcuni vedono nell’intervento delle forze dell’ordine la sola attività utile per combatterlo.

 

DIMENSIONE SOCIALE

Bullismo è un fenomeno sociale che comprende un insieme di comportamenti che possono spaziare da semplice mancanza di rispetto a veri e propri reati perseguibili a norma di codice penale. Giuridicamente il bullismo non è un reato specifico, ma esistono delle fattispecie di reato per una serie di comportamenti che nel bullismo trovano spesso espressione: minacce, furti, estorsioni, percosse, ecc.

Bisogna occuparsi adeguatamente del bullismo,  senza sottostimarlo (considerandolo come semplice manifestazione legata alla crescita ) o sovrastimarlo (pensando di risolvere il problema con l’intervento delle forze dell’ordine).

Il bullismo è fonte di malessere, temporaneo o duraturo, per coloro che lo subiscono, le "vittime". Coloro che tendono a mettere in pratica le forme di prepotenza in maniera continuata e ripetuta, i "bulli", tendono a consolidare questo tipo di modalità relazionale al punto tale che chi riveste il ruolo di prepotente in maniera continuativa nell'età dell'adolescenza, ha una percentuale tre volte maggiore degli altri ragazzi di commettere reati e di incorrere in un percorso giudiziario.

 

COMPLESSITA’ - COORDINAMENTO - INTERVENTI

Trattandosi di un fenomeno complesso e variegato,  il bullismo si presta ad essere analizzato ed affrontato da diversi punti di vista: educativo, psicologico, sociale, giuridico, ecc. Ognuno di questi punti di vista analizza un aspetto del fenomeno:

- l’insegnante prenderà in considerazione alcuni aspetti del bullismo:  quali i comportamenti di disturbo della classe, il disagio socio educativo degli   autori di bullismo, ecc.; per suo obiettivo professionale, tenderà a ricercare gli aspetti di disagio e di carenza  educativa in tutti i soggetti coinvolti   e cercherà di pensare interventi mirati a migliorare quell’aspetto della  situazione. 

- l'operatore sociale tenderà a privilegiare la dimensione socio educativa, a vedere le situazioni di disagio socio famigliare e ambientale  in cui           spesso crescono gli autori delle prepotenze maggiormente aggressive o violente. 

- l'operatore di giustizia minorile tenderà a gestire e occuparsi prevalentemente degli aspetti giuridici, cercando di ridimensionare il più possibile la     valenza giudiziaria dei comportamenti di prepotenza, per evitare che i ragazzi entrino nel circuito dei procedimenti penali;

- lo psicologo clinico tenderà a rilevare il disagio personale e le conflittualità interiori, i malesseri di chi agisce e di chi subisce e cercherà di porre     risoluzione a quel tipo di problema.

 

Ma bisogna tendere ad interventi di unitarietà operativa, considerando insieme tutti questi aspetti: un efficace intervento necessita di un reale coordinamento tra le varie istituzioni. La mancanza di coordinamento è anche causa di una carente azione preventiva. Non si fa mai abbastanza con i bambini e con i preadolescenti, sapendo che i soggetti coinvolti in maniera continuativa in comportamenti di prepotenza hanno un’alta probabilità di sfociare in comportamenti antisociali e delinquenza minorile.

Si tende ad intervenire con decisione (quando lo si fa)  soltanto quando le prepotenze diventano penalmente perseguibili.

Un intervento efficace richiede decisione, professionalità, integrazione tra servizi e istituzioni, continuità ed investimento di risorse per più anni. Interventi faticosi e complessi che nel loro svolgimento incontrano spesso forme di resistenza. 

- da parte del gruppo classe, in particolare da parte dei bambini e dei ragazzi non direttamente coinvolti, perché temono di  essere risucchiati in         questa spirale di comportamenti che causano disagio;

- da parte dei genitori, sia di coloro che agiscono che di chi non sembra essere direttamente coinvolto;

- a volte anche resistenze da parte di alcuni insegnanti, che vorrebbero ignorare la questione o affrontarla con il solo inasprimento delle misure         disciplinari.

Queste resistenze vanno affrontate con costanza e professionalità, perché solo con il coinvolgimento e la collaborazione di tutti i soggetti (docenti, genitori, alunni, operatori sociali, ecc.) è possibile ottenere una reale riduzione delle prepotenze e di conseguenza aumentare il benessere dei bambini e dei ragazzi.

 

PRIORITA’

Per affrontare adeguatamente il bullismo, è fondamentale distinguere le conseguenze dalle cause, e negli interventi, va data priorità alle conseguenze.

Per raggiungere questo obiettivo è importante lavorare in modo preciso e mirato con il gruppo classe: il coinvolgimento del gruppo, l'uscita dall'indifferenza e la partecipazione e collaborazione del gruppo dei coetanei, sono elementi cardine di qualsiasi intervento efficacemente preventivo su queste tematiche.

Ci sono fattori che si sono dimostrati cruciali per un buon esito degli interventi di riduzione del bullismo, e sono:

  • l'attivazione di percorsi strutturati e continuativi,

  • il coinvolgimento attivo di tutto il gruppo classe,

  • la gestione della rabbia e dei sentimenti di ostilità,

  • la non negazione dei problemi da parte dei genitori degli alunni maggiormente coinvolti nel bullismo e la loro sincera disponibilità a collaborare.

L'atteggiamento dei genitori è decisivo soprattutto nell'infanzia e nella preadolescenza, fasi evolutive in cui senza l'accettazione della responsabilità da parte della famiglia è estremamente difficile risolvere le situazioni ad alto rischio.

 

EFFICACIA

Le parole chiave per un intervento efficace sul bullismo sono:

  • prevenzione : interventi a partire dai 7/8 anni di età;

  • gruppo : coinvolgere tutti i compagni di classe nella ricerca delle soluzioni e nella loro realizzazione, anche se le situazioni di prepotenza coinvolgono direttamente solo alcuni alunni;

  • continuità : attivare interventi continuati nel tempo, a volte per anni  (gli interventi “spot”, gli “eventi” e le varie manifestazioni coreografiche sono molto belli a vedersi, danno grande soddisfazione, ma la loro efficacia riguarda solamente le situazioni non fortemente compromesse);

  • personalizzazione : ogni situazione è diversa dalle altre e l'intervento deve basarsi sulle specifiche caratteristiche cognitive, psico affettive e relazionali dei soggetti coinvolti (gli interventi "standard" e le attività uguali per tutti  non sono efficaci nelle situazioni più gravi).

  • cambiamento emotivo : per risolvere il bullismo dobbiamo riuscire a modificare l'espressività emotiva, le grandi emozioni di rabbia e di paura, per poterle gestire, affrontare e mettere in circolo.

B U L L I S M O

 

Il bullismo si basa su tre principi:

· Intenzionalità: un'azione intenzionale                 eseguita al fine di arrecare danno alla vittima;

· Persistenza nel tempo: continuata nei             confronti di un particolare compagno;

· Asimmetria nella relazione: caratterizzata      da uno squilibrio di potere tra chi compie l'azione  e   chi la subisce.  

   

Il bullismo, quindi, presuppone la condivisione del medesimo contesto deviante.

 

DEFINIZIONE

Il bullismo è una reiterata prepotenza (o prevaricazione) da parte di qualcuno più forte ai danni di qualcuno più debole.

Le prepotenze possono essere di tipo fisico, verbale, sociale, elettronico, ecc. Tutte le manifestazioni comportamentali e socio relazionali che hanno queste caratteristiche, se compiute da bambini o ragazzi, vanno considerate forme di bullismo. Purtroppo capita di leggere dichiarazioni che trattano il bullismo come semplice manifestazioni di crescita; 

Resoconto intervento Com. Tomassini

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