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Economia, Etica e Giustizia

 

 

CRISI  -  (Chi non cambia sarà destinato a scomparire)

 

Usiamo la parola crisi secondo un’accezione negativa, benché il termine (in latino crisis e in greco krìsis) rimandi etimologicamente al concetto di scelta.

Anche nella nostra lingua l’etimologia della parola crisi suggerisce un significato prevalentemente positivo: contiene un aspetto vitale che è quello della separazione, e che può essere opportunità di crescita. 

E’ un fatto interessante che, anche in cinese, la stesa parola è composta da due ideogrammi: “wei” = problema, e “ji” = opportunità.

 

Una scelta non facile, che comporta l’affrontare le paure del cambiamento, e richiede un’evoluzione continua della relazione con noi stessi e con gli altri.

Quando c’è un cambiamento da affrontare istintivamente l’essere umano lo legge come perdita del conosciuto, per andare incontro al non conosciuto e quindi ad uno stato d’incertezza. 

 

DOPPIO SIGNIFICATO – Il termine “crisi”  deriva dal verbo greco krino, che significa “separare” e indicava il procedimento finale della trebbiatura: la “separazione” (krisis) della granella del frumento dalla paglia e dalla pula; cioè la distinzione della parte buona dalla cattiva. Da qui nasce il significato di scelta,  discernimento, interpretazione, soluzione, ecc. Il tratto comune a tutti questi significati è che implicano tutti necessariamente due parti.

Dallo stesso verbo krino viene anche “criticare”, cioè ragionare su qualcosa, trovarne i pro e i contro. Si noti che mai “crisi” indica qualcosa di (solo) negativo, ma sempre qualcosa che sta nel mezzo, tra due momenti o condizioni diverse.

 

Dunque possiamo considerare la CRISI come  momento per una decisione: devo muovermi da una parte o dall’altra?  devo scegliere una possibilità o un’altra?

Qual è il perimetro della crisi? 

E’ un perimetro di tre lati: che nel nostro caso sono: MORALE – POLITICA – ECONOMICA

 

Le tre sfaccettature della crisi sono tra loro concatenati: la crisi morale, dei valori provoca la crisi politica, che a sua volta genera quella economica.

Crisi morale: parte da lontano, c’è un percorso, un fil rouge,  una sequenza di comportamenti che la “partorisce”: tutto quello che accade oggi è l’esito di una destabilizzazione di pensieri, di idee, di costumi, di civile convivenza collettiva.

Guidati da comportamenti che sono anche frutto di prassi e modelli recenti. Se queste questioni di fondo, molti dei quali non sono neppure scritti ma che esistono,  non sono più semplicemente trasmessi, ecco che salta quello che  è il fondamento della convivenza: non coltivando più la trasmissione di certi valori, anche sotto forma di prassi, si scivola pian piano verso una crisi morale.

E’ venuta a mancare quella “visione” politica dei nostri governanti, per cui chi dovrebbe indicarci la strada e guidarci invece va avanti “alla giornata”, senza una progettazione, senza un esempio di comportamento. 

Nella tv ci propinano, ripetendosi all’infinito, sempre la stesse cose e di tutto, generando confusione. Nella quale ci sguazzano. La stessa cosa (non veritiera) detta e ripetuta tante volte, alla fine diventa vera per chi ascolta.  Ed ecco il rischio: non essendoci un dibattito chiaro si crea solo confusione.

Destrutturazione dei partiti: non più centri di discussioni, di dibattiti, di confronto, di segmentazioni di idee.

Le sezioni dei partiti erano luoghi di formazione di idee scaturite da confronti, dibattiti, discussioni: si imparava come si formano le idee: non calate dall’alto, ma maturate nell’albero delle discussioni-dibattiti-confronti. E la formazione personale si sviluppa e cresce di pari passo tra politica (in senso lato) e moralità sociale.  E questo alla fine era cultura, e cultura diffusa.

In questa crisi morale diffusa (che vuoi che sia…. è roba da poco…ecc…) noi abbiamo tollerato l’impossibile! Ci siamo “rintanati” nella nostra nicchia (pensa agli affari tuoi che starai bene!) accettando comportamenti sociali non corretti (e dunque amorali), purché non scalfissero i nostri interessi. Non abbiamo dato un placet, ma è come se avessimo “accettati” questi comportamenti.

Una magistratura malata, diventata lunga, autoreferenziale, mai contro il potere, non poteva che generare una giustizia cattiva, della quale ne facciamo tutti le spese.

Abbiamo accettato, non combattuto in modo forte, che una sanità pubblica sperperasse, che noi fossimo ridotti a “raccomandarci” per un diritto! E conseguenti tempi lunghi, a meno che tu non paghi! Basta ricordare nella nostra regione la collusione tra cliniche private (Villa Pini) e la politica regionale (Del Turco).

Sono venuti meno quel rigore, quell’attenzione all’altro, rispetto del malato: e la crisi morale-politica genera quella economica.

Principio di reciprocità: quello che tu vuoi, lo devi consentire anche all’altro. Questo sacrosanto principio deve essere valido anche e soprattutto nei rapporti cittadino-istituzioni.

Disparità troppo macroscopiche tra chi più ha (e più continua ad avere!) e chi meno ha (e meno continua ad avere!): evidentemente c’è qualcosa che non funziona!

Si sono allentati tutti i freni che potevano controllare e bloccare la crescita abnorme della finanza, e nel contempo si sono ancor più ristretti i freni che bloccavano la crescita dell’economia.

E per capirci meglio: a noi il pane viene dall’economia, non dalla finanza!  Se si perde il lavoro, non si perde un pezzo di finanza, ma si perde un pezzo di economia.

Questa crisi ha colpito l’economia, ma ha arricchito la finanza: mediante gli strumenti finanziari si possono aumentare le proprie finanze; mentre disoccupazione, riduzione del potere d’acquisto, aumento della tassazione, ecc… colpiscono chi vive di economia: cioè la fascia più debole.

Lo scandalo delle pensioni d’oro, l’accumulo di cariche, una mancanza di etica politica (tu, presidente dell’ente pensionistico (INPS) non puoi prendere una pensione esagerata quando i…”tuoi” pensionati non riescono a… vivere!).

La BCE, nella valutazione delle banche, degli attivi delle banche, non può dare maggior  valore ai soldi investiti in derivati (!) che ai soldi investiti in prestiti alle imprese!!!

+ IMPRESE = + LAVORO = - CRIMINALITA’

PIU’ IMPRESE uguale PIU’ POSSIBILITA’ DI LAVORO uguale MENO CRIMINALITA’ : è un assioma semplice ma terribilmente vero!

Se non spinge le banche a un maggior credito per far nascere imprese, ma lascia che le banche investano in derivati, la politica fa una scelta a favore della criminalità!

Ed ecco che ancora MORALE-POLITICA-ECONOMIA si saldano, diventando l’una interdipendente dell’altra e dall’altra!

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